Quando eravamo ragazzini, il mio amico Marco si inventò un gioco di società usando un dizionario.
No, questa non è una di quelle storie del tip "quand'eravamo ragazzini non avevamo d10 e miniature, noi usavamo tappi di sughero e lanciavamo una moneta..."
Il fatto è che , scrivendo per Hope & Glory, mi sono divertito un sacco, di recente, leggendo un dizionario. Sì, io sono strano così.
Il dizionario in questione si chiama Hobson-Jobson - e il primo dettaglio curioso è che né il signor Hobson né tantomeno il signor Jobson vennero coinvolti nella sua stesura.
Il libro vene scritto da due gentiluomini che rispondevano al nome di Yule & Burnell.
Sir Henry Yule era un gentiluomo scozzese con dei trascorsi militari che - fra le altre cose - aveva tradotto in inglese Il Milione di Marco Polo, indispensabile testo sull'Asia e sulla Via della Seta. Dal canto suo, Arthur Coke Burnell (sì, di secondo nome faceva davvero Coke) era un esperto di sanscrito, ma se la cavava più che bene anche con il tibetano, l'arabo, il kawi, il giavanese e il copto. Un uomo dalla cultura multiforme, in altre parole.
Questi due stimati individui collaborarono nel 1886 alla pubblicazione del meravigliosamente vittoriano "Hobson-Jobson: A Glossary of Colloquial Anglo-Indian Words and Phrases, and of Kindred Terms, Etymological, Historical, Geographical and Discursive." (Hobson-Jobson: un glossario di parole e frasi colloquiali Anglo-Indiane, e termini affini, etimologico, storico, geografico e discorsivo.)
Mica robetta.
Il titolo di questo volume delizioso è la corruzione dell'espressione “Yā Ḥasan! Yā Ḥosain!”, una frase usata dai fedeli musulmani durante la processione del Muharram, e che diventò - per gli Inglesi nel sub-continente indiano - sinonimo di qualunque "festival indigeno" in India.
"Andiamo a farci un giro all'Hobson-Jobson!"
O qualcosa del genere.
Il libro - che si trova a buonissimo mercato in qualunque buona libreria internazionale - è un dizionario di tutte quelle parole che, distorte e trasformate, entrarono nell'uso corrente dell'inglese, provenienti dall'India e dal Medio Oriente, e più in generale dall'Asia.
Il primo, e più persistente segnale che l'incontro fra Oriente e Occidente cambiò entrambi, e in maniere molto sottili.
In Hope & Glory, l'incontro e la mescolanza di culture sono molto più estesi - ma l'Hobson-Jobson è un buon punto di partenza, perché lingua parlata e immaginazione vanno di pari passo.
Potete farvi un'idea di come vivano, di come percepiscano il loro mondo, se sapete come ne parlano.
E poi i giocatori adorano gli strani linguaggi - e questo ha il vantaggio di non essere inventato!
E per finire è un ottimo modo per far impazzire i miei editor - ma sono tutti pukka moonsiff con un animo di argento fiorito (e la mia editrix, in particolare, è assolutamente una burra-beebee), perciò l'intero surinjaum non causa loro alcun problema.
Oh, sì, mi sto divertendo un sacco, a leggere questo dizionario.
Davide Mana
Asti, Italy